La radioterapia è una terapia consistente nell'utilizzo di radiazioni ionizzanti per scopi medici, in particolare nel trattamento di tumori o il controllo di cellule maligne, che potrebbero svilupparsi in tumori; è talvolta erroneamente confusa con la radiologia (che consiste invece nell'utilizzo di radiazioni per nell'imaging e nella diagnosi medica).
Paziente sottoposto a radioterapia con l'utilizzo di un acceleratore Clinac 2100CViene generalmente utilizzata come trattamento palliativo per allieviare il dolore e migliorare la qualità della vita nei casi in cui non sia possibile l'utilizzo di terapie specifiche o sintomatiche.
L'irradiazione totale del corpo consiste in una particolare tecnica radioterapica utilizzata per preparare il paziente a ricevere un trapianto di midollo osseo. Alcune aplicazioni della radioterapia sono legate al trattamento di situazioni non maligne, quali ad esempio l'ipertiroidismo.
La difficoltà dell'utilizzo di questa tecnica consiste nei pericoli indotti dalle stesse radiazioni ionizzanti e la probabilità che le stesse inducano l'insorgenza di tumori (ad esempio l'angiosarcoma).
La Radioterapia È una branca clinica che fa uso di radiazioni ionizzanti a scopo curativo. Principalmente indicata per il trattamento di neoplasie, trova però, anche se poco frequentemente, utilizzo per patologie non tumorali che si giovano dagli effetti indotti dalle radiazioni; come nel caso della RT endoluminale che segue un’angioplastica coronarica, tecnica che impedisce la cicatrizzazione post intervento, che potrebbe altrimenti essere causa di ulteriori stenosi, o come nel caso della radiochirurgia impiegata nel trattamento di malformazioni artero-venose intracraniche.
L’obiettivo che la RT si prefigge è di ottenere la totale distruzione di una neoplasia, senza indurre alterazioni gravi e irreversibili ai tessuti circostanti. Per garantire questo risultato occorre dunque utilizzare tecniche appropriate avvalendosi di differenti tipi di radiazioni, sia fotoniche (raggi X o g) o corpuscolari (elettroni veloci, raggi b, ioni carbonio, ecc.) differentemente distribuite alla sede neoplastica, preservando al massimo le strutture adiacenti.
Il termine radiazioni è genericamente impiegato per indicare il trasporto di energia attraverso lo spazio, sia esso il vuoto o un mezzo materiale. Quando l’energia trasportata è maggiore dell’energia di legame degli elettroni con il proprio nucleo, tali radiazioni vengono definite ionizzanti. Questa energia può essere trasportata sia da particelle (protoni, neutroni, nuclei di He, ioni carbonio, ecc.) oppure da variazioni di campi elettromagnetici (X e g). I RX sono prodotti dal frenamento degli elettroni nell’incontro con materiali ad alto numero atomico (Z) o da diseccitazioni atomiche. I raggi g sono prodotti da disintegrazioni nucleari provenienti da nuclei instabili e da reazioni nucleari.
I fotoni X e g possono interagire con la materia per:
Effetto fotoelettrico È l’interazione di un fotone con un elettrone particolarmente vicino al nucleo, in cui tutta l’energia del fotone viene ceduta all’elettrone colpito e quindi alla radiazione che verrà a crearsi (per il principio di conservazione dell’energia). Effetto Compton
Quando si ha l’interazione di un fotone incidente con un elettrone esterno.
In questo caso, l’energia del fotone incidente si dipartirà tra l’elettrone esterno (come
energia cinetica), e tra un fotone emergente di energia inferiore a quella del
fotone incidente.
Il fotone incidente in tale effetto devia la propria direzione.
Produzione di Coppie
Consiste nella scomparsa del fotone in prossimità di un nucleo e nella creazione di una
coppia elettrone-antielettrone.
Per il principio di conservazione dell’energia avremo che l’energia del fotone scomparso
deve corrispondere alla creazione di una massa a riposo dei due elettroni (positrone ed
elettrone) di 2 * 511 KeV e l’eccesso viene ripartito tra i due elettroni come energia
cinetica.
L’antielettrone ha però vita breve, poiché tende ad annichilarsi, cioè scompare quando la
sua energia cinetica arriva a zero, unendosi ad un altro elettrone, la loro energia si
trasformerà in due fotoni emessi a circa 180° con energia ciascuno di 511 KeV
Gli effetti delle radiazioni ionizzanti Hanno nei tessuti effetti non ploriferativi, impedendo alle cellule di duplicarsi agendo sul loro patrimonio genetico. Tali effetti possono essere diretti o indiretti: Diretti quando i fotoni o gli elettroni o le particelle interagiscono direttamente con la molecola di DNA, ionizzandola e rendendola suscettibile di modificazioni fisiche temporanee o permanenti. È logico quindi che l’utilizzo di tali energie deve essere mirato ai soli tessuti neoplastici,
previa la formazione di lesioni anche tumorali ai tessuti originariamente sani.
Raggio incidente sul DNA à Rottura del DNA Indiretti quando le radiazioni interagiscono con molecole d’acqua determinando la produzione di radicali liberi, (molecole altamente reattive, con un elettrone spaiato, che possono modificare con la loro azione quella del patrimonio genetico della cellula bersaglio stessa).
Raggio incidente + H2O à H2O+ + e- à H3O+ + OH· à OH· + DNA à Rottura DNA
La Radiobiologia è la scienza che studia la sopravvivenza cellulare alle radiazioni avvalendosi di curve di sopravvivenza che esprimono la relazione tra la dose di radiazioni e il numero di cellule che sopravvive a tale dose. Ci si avvale in pratica di piastre di coltura che vengono irradiate, e si contano le colonie cellulari che sopravvivono all’irradiamento, cioè che conservano la capacità di riprodursi correttamente.
Cenni Teorici: Gray à U.M. della dose di radiazioni Dose à quantità di energia assorbita per unità di massa LET à energia lineare di trasferimento (cioè energia rilasciata dalla radiazione per unità di lunghezza) Efficacia biologica relativa à misura degli effetti biologici, cioè il rapporto tra la dose di radiazioni X presa come riferimento, necessaria per ottenere un dato effetto biologico, e la dose di un’altra radiazione, da testare, necessaria per ottenere lo stesso effetto biologico. Es.: l’efficacia biologica dei N (neutroni) per ottenere il 90% di mortalità cellulare è dato dal rapporto della dose di fotoni X necessaria per ottenere questo effetto con la dose di N. Se per esempio per un dato effetto ho bisogno di 5 Gy di RX si dimostra empiricamente che per lo stesso effetto ho bisogno di 2.5 Gy utilizzando neutroni, cioè i N sono due volte più efficaci degli X.
Radioterapia a fasci esterni (tipi di) La RT a fasci esterni si basa sull’utilizzo di un fascio di radiazioni prodotte da sorgenti situate fuori del paziente, e viene utilizzata sia con radiazioni fotoniche di alta energia, sia con l’utilizzo di elettroni veloci. Roetgen X e Cobalto γ sono quasi in dismissione, sostituite da acceleratori lineari che utilizzano RX ed e- (elettroni). Gli elettroni hanno una diffusione della dose differente dai RX, poiché scaricano velocemente la dose in superficie e dunque vengono utilizzati per irradiare tessuti superficiali, risparmiando così quelli più profondi. Gli elettroni infatti hanno LET maggiore. gknife sono invece utilizzati per la radiochirurgia, e sono costituiti da circa 200 sorgenti di 60Co localizzate in un solo punto, utili per focalizzare l’irradiamento su piccoli tumori cerebrali. Ciberknife X vengono utilizzati invece per 2 o 3 frazioni di tessuto. La Tomoterapia X è invece impiegata per radioterapia stereotassica a intensità modulata e consta di un apparecchio TC sul quale è montato un acceleratore lineare. Il Ciclotrone protoni e neutroni e il Sincrociclotrone P, n, C+ (protoni e ioni Carbonio), vengono invece impiegati per l’Adroterapia, attualmente più efficace e meno dannosa. Il nome Adroterapia deriva da Adrone, una particella atomica caratterizzata da forti interazioni. Viene utilizzata per trattare k posizionati in punti critici (es.: midollo spinale). Prevede il ricorso a un ciclotrone dovendo imprimere velocità particolarmente elevate, impossibili da ottenere con acceleratori di tipo lineare. Gli ioni carbonio utilizzati, sono nuclei di C con 6 neutroni e 6 protoni, con efficacia biologica 5 volte superiore ai raggi X. La RT convenzionale con l’utilizzo di collimatori a ganascia e split standard La RT conformazionale che consente una ricostruzione tridimensionale, avvalendosi di apparecchiature TC, permettendo di modellare il campo intorno al bersaglio con l’ausilio di sagome personalizzate e collimatori multileaf. IMRT cioè la RT a intensità modulata, che permette una differente distribuzione della dose durante l’irradiamento. La RT sterotassica che si avvale di archi multipli di trattamento per la divisione della dose, utilizzata per la cura di piccoli tumori cerebrali. La IORT (RT Intraoperatoria) che utilizza solo acceleratori di elettroni, e viene utilizzata in interventi con elevata recidività locale (pancreas o retto), permettendo l’irradiamento del letto tumorale con elettroni (effetto superficiale). La Brachiterapia (o Curieterapia) a breve contatto, che consiste nella localizzazione di un’alta dose in un volume molto piccolo, riducendo la tossicità del trattamento, può essere: endocavitaria (uterina) endoluminale (esofagea, ma ad azione esclusivamente palliativa) endovascolare interstiziale (con 125I 103 Palladio, in prostata) da contatto
Gli isotopi maggiormente usati sono: Iridio 192, Iodio 125, Stronzio 89, Cesio 137, Palladio 103, Oro 198.
Infine la RT può essere fatta anche con radionuclidi, per esempio quella della tiroide con 131I, 89Sr, o Samario o Renio per le metastasi ossee.
Spesso la RT va inquadrata secondo altre discipline mediche: neoadiuvante o preoperatoria (con o senza chemioterapia) per patologie altrimenti inoperabili (k vescica localmente avanzato) o per rendere l’intervento meno mutilante (adenocarcinoma del retto), o per migliorare il risultato terapeutico (Ca esofageo). Adiuvante o postoperatoria (con o senza chemioterapia) per migliorare il controllo locale della malattia come in K della mammella o del retto, ad esempio per evitare mastectomie totali. Curativa esclusivo o con chemioterapia sequenziale o concomitante, per patologie virtualmente localizzate, come linfomi di basso grado (I e II stadio) e K del glottide T1 e T2. Palliativa in neoplasie non risolvibili (es.: k polmonari), per l’attenuazione del dolore, derivante da metastasi ossee e cerebrali.
L’acceleratore di elettroni (LINAC): La produzione di elettroni con acceleratore lineare si ha grazie a tre strutture principali che sono: Klystron, che amplifica un’onda elettromagnetica sia in frequenza (fino a 3000 MhZ) che in potenza fino a 100 volte al secondo. Un cannone che produce elettroni da 50 KeV, con diametro variabile da 8 a 12 cm e lunghezza di 80 100 cm. Una sezione acceleratrice, data da un tubo a sezione circolare posto sotto vuoto, all’interno del quale il cannone immette elettroni da 50 KeV e il Klystron immette l’onda elettromagnetica, in tal modo gli elettroni vengono accelerati lungo una traiettoria rettilinea, utilizzando il campo elettrico dell’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto lungo una guida d’onda, contenuta nella sezione acceleratrice. Gli elettroni vengono così trasportati dalle onde elettromagnetiche acquisendo energia cinetica sempre maggiore. Per evitare che gli elettroni impattino contro le pareti del tubo, è applicato un campo magnetico assiale, e per garantire l’indirizzamento del fascio verso la finestra di uscita, viene eseguita una modificazione della traiettoria di 270°, mediante un’ulteriore serie di campi magnetici. A questo punto se la radioterapia proposta richiede l’utilizzo di fotoni X, viene interposta una lamina di tungsteno, detta target, che a contatto con il fascio di elettroni genera fotoni X. Nel caso si utilizzino elettroni, vanno montate sull’apparecchio delle strutture aggiuntive chiamate Trimmer, che vengono utilizzate per far confluire gli elettroni verso la zona di irradiamento, poiché tali particelle, sono suscettibili a dispersione nello spazio.
Altre componenti di un acceleratore lineare sono: La camere di ionizzazione che funzionano da sensori per la quantità di radiazioni emesse, e che danno le unità monitor Le unità monitor (UM) sono l’indice utilizzato per la valutazione della dose di radiazioni, sono date dal rapporto tra i vari parametri utilizzati: Dimensioni dei campi Energia DFP Rendimento dell’apparecchio Rotazione del collimatore Tempo di utilizzo dei filtri a cuneo Ecc.
Il telemetro che misura con una luce le distanze dalla sorgente La distanza fuoco-pelle è una delle coordinate da tener presente poiché indica quanto dista in profondità l’isocentro della macchina (circa 100 cm). Es.: per l’irradiazione un tumore localizzato a 7 cm di profondità, si dovrà impostare la distanza con il telemetro a 93 cm poiché aggiungendo a questa i 7 cm della profondità, si raggiungeranno i 100 cm dell’isocentro a livello del bersaglio.
Esistono tre tipi di acceleratore lineare: 1. piccolo, che lavora con basse energie (6 MeV), tali apparecchiature hanno di solito target fisso, dunque prevedono l’utilizzo di soli fotoni X e non di elettroni. 2. medio, che lavora con energie comprese tra 6-10-20 MeV 3. grande, che lavora con alte energie Procedura di preparazione al trattamento di RT La preparazione prevede differenti fasi affidate al TSRM quali immobilizzazione e centratura. Altresì al tecnico compete l’effettuazione del trattamento e il suo controllo durante tutta la durata della seduta, l’aggiornamento delle registrazioni dei trattamenti, il controllo dell’efficienza degli impianti e la loro predisposizione all’uso.
La preparazione al trattamento prevede: 1. Preparazione del sistema di immobilizzazione 2. Centraggio (TC-RMN-PET) 3. Treatment Planning 4. Set up e verifiche (corretto posizionamento del paziente) 5. Esecuzione del trattamento
1.Preparazione del sistema di immobilizzazione È necessario immobilizzare il paziente per porlo sempre nella stessa posizione durante i giorni previsti dal trattamento. È necessario tener conto di: · Confort / Capacità a mantenere la posizione (età, peso, condizione del paziente) · Sede da trattare (mammelle/braccio, capo-collo/mento, addome/pelvi, arti superiori o inferiori) · Riproducibilità (coperte, lenzuola o indumenti possono variare di spessore e cambiare la posizione del paziente) · Limitazioni dovute all’apparecchio (distanza collimatore-isocentro, larghezza lettino) · Intercettazione del fascio da parte del lettino
Presidi di immobilizzazione Maschere termoplastiche (per testa collo e spalle)
Le maschere termoplastiche sono lamine di plastica rettangolari che riscaldate a 70° diventano deformabili potendo assumere la forma della testa, del collo, o delle spalle del paziente. Per l’immobilizzazione della testa del paziente sarà opportuno partire con la modellazione dal vertice della testa, dopo aver leggermente raffreddato il materiale. Durante il trattamento è possibile che le condizioni generali del paziente varino, ad esempio per terapia farmacologica cortisonica, sarà dunque opportuno, considerare la terapia del paziente, utilizzando spessori di circa 2mm eliminabili nel corso del trattamento. I Vac-lok, utilizzati per maggior parte dei distretti corporei sono cuscini contenenti polistirolo che vengono svuotati d’aria conservando la forma precisa del paziente, e rimanendo indeformabili. Hanno dimensioni variabili da 80 a 100 cm. Quando viene eseguito il presidio di immobilizzazione, devono essere segnati sulla pelle del paziente e sul presidio, con un pennarello, i punti di allineamento dei laser fissi di centraggio, presenti nel bunker, da tali punti verranno fatti i relativi spostamenti da parte dell’equipe fisico-medico, per il corretto centraggio del bersaglio.
Il fenomeno del Build – Up Per tale fenomeno quando la radiazione colpisce un corpo materiale, la quota maggiore di energia non viene ceduta alla superficie, ma ad una certa profondità di esso in rapporto alle caratteristiche del materiale e della radiazione. Sebbene, infatti, la superficie sia più vicina alla sorgente non è qui che avviene la massima cessione di dose, poiché i fotoni interagendo con gli atomi dei tessuti attraversati generano altri elettroni che vanno ad addizionarsi alla dose impostata. Ecco perché l’utilizzo di maschere per il trattamento della mammella è da sconsigliare, poiché uno spessore che si antepone alla superficie creerebbe ulteriori elettroni che addizionandosi alla dose impostata determinerebbero abrasioni e piaghe cutanee.
Il fenomeno della superficializzazione della dose, può essere però sfruttato per fini terapeutici, con l’ausilio di strutture superficiali, definite Bolus, come nel caso di irradiazioni cutanee con elettroni.
Il punto di massima dose dipende dall’energia del fotone e dallo spessore del mezzo attraversato:
· g del Co 60 a 1 MeV à massima dose a 0.5 cm · X a 25 MeV à massima dose a 5 cm · X a 6 MeV à massima dose a 1.5 cm
2.Centraggio Il paziente dopo l’immobilizzazione è sottoposto a TC o RM o PET di centraggio per l’individuazione del volume bersaglio, le immagini ottenute saranno inviate al sistema di Treatment Planning (TPS) per il calcolo della distribuzione di dose. È importante che il paziente esegua l’esame tomografico, nella posizione in cui sarà durante il trattamento, posizione che sarà registrata con reprimessi sulla pelle del paziente e sui sistemi di immobilizzazione.
Esempio di centraggio TC per K mammella: · Uso del sistema di immobilizzazione (piano inclinato) · TC con FOV 20 cm e collimazione 10 mm
Esempio di protocollo capo-collo
· Immobilizzazione con maschera · FOV variabile a seconda della lesione · Collimazione 5 mm
Esempio di protocollo per il torace · Immobilizzazione con vac-lok · FOV variabile con estensione della lesione · Collimazione 5-10 mm
Esempio protocollo addome e pelvi · Vac-lok o maschera · FOV variabile · Collimazione 5-10 mm · Eventuali MDC · Markers rettali o vaginali
Esempio protocollo prostata · Immobilizzazione appropriata · FOV 20 cm · Collimazione 5 mm · Sconsigliati MDC
Definizione del bersaglio La pianificazione del volume bersaglio in RT è legata alla conoscenza clinica del volume oncologicamente rilevante (CTV) che a sua volta è strettamente dipendente da un’accurata definizione del volume tumorale macroscopico (GTV). Il radioterapista deve dunque disegnare sulle fette TC il volume tumorale visibile (GTV), ma poiché è possibile che l’esame TC non risolva per piccole porzioni di tessuto maligne, attorno la GTV (Gross Tumor Volume), va tracciato un margine, di circa 1 cm, definito CTV (Clinical Target Volume), ossia il volume del bersaglio clinico. In oltre va considerato un altro volume che è correlato alla zona anatomica da trattare, anch’esso di circa 1 cm, dipendente dai movimenti fisiologici o meno del distretto in esame, questo margine aggiunto è definito PTV (Planning Target Volume), cioè volume bersaglio pianificato.
L’insieme di GTV, CTV e PTV vengono definiti TV, cioè Volume di trattamento.
Oltre a far giungere la dose necessaria per inattivare la neoplasia, si deve tener conto dei danni da radiazione causati ai tessuti sani peritumorali e ai tessuti attraversati dal fascio di radiazione. Per questo motivo si potranno modificare le caratteristiche del fascio o con l’interposizione di filtri e split o variando l’energia del fascio o modificando la distanza tra fuoco e cute o moltiplicando il numero dei campi e la loro disposizione. Maggiore sarà il numero dei campi e la loro disposizione, minore sarà la dose erogata ai tessuti che non necessitano di essere irradiati.
Si procederà quindi alla delimitazione delle aree che andranno protette a tale scopo si potranno usare o split standard o sagome personalizzate da creare in officina o un collimatore multilamellare (multileaf).
Esistono inoltre collimatori a ganasce, formati da 4 parallelepipedi di piombo mobili su assi X e Y che creano sempre campi rettangolari o quadrati. Sebbene la RT conformazionale abbia determinato un uno minore di tali strumenti di pre3otezione, la RT convenzionale è ancora impiegata quando vi è un’invasività linfonodale diffusa.
Gli split o le sagome verranno poste, durante l’irradiazione, tra il fascio di radiazioni e il paziente, su di un apposito accessorio. Le leghe utilizzate per la creazione delle sagome sono date da una mescola di bismuto 52%, piombo 30% e stagno 18%. Un tagliasagome provvederà a tagliare il negativo in polistirolo nel quale verrà versata la lega a basso fondente.
Protezione con sistemi multileaf
I collimatori multileaf, formati da lamelle in lega di Tungsteno sostituiscono la tradizionali sagome, dando la possibilità di creare campi irregolari adattabili alla forma delle strutture che si attornano alla massa da irradiare, proteggendole. Questi possono essere disposti sia esternamente che all’interno della testata, con movimento sia lineare sia lungo un arco.
Le lamelle, di dimensioni variabili, formano collimatori di 3 differenti tipi: · Micro, con lamelle di 2-3 mm e campo massimo 10*10 cm, usato per la stereotassi · Medio · Normale
Uno dei limiti che caratterizza alcuni di questi collimatori, è dato dalla dimensione delle lamelle, che se non particolarmente sottili e piccole, non consentono un disegno accurato come con l’utilizzo delle sagome personalizzate, determinando minore o maggiore irradiazione di quella stabilita. Spesso al fine di rimediare a tale inconveniente si ricorre all’interposizione alternata delle lamelle, così da poter migliorare l’esposizione del bersaglio al fascio.
I Filtri a Cuneo Curve di isodose perpendicolari alla superficie cutanea, possono essere modificate con l’interposizione di uno spessore cuneiforme impropriamente definito filtro, tali cunei limitano il fascio lungo il loro spessore maggiore. In tal modo è possibile omogeneizzare l’assorbimento del fascio in distretti anatomici che normalmente assorbono in maniera differente. I filtri a cuneo possono essere di due tipi: · Virtuali · Fisici
Filtri virtuali: sono dati dai movimenti delle lamelle di un collimatore multileaf durante l’emissione, creando una curva di isodose simile a quella che si otterrebbe con filtri fisici.
Filtri fisici: possono essere: · Dinamici
o
· Manuali
- Quelli dinamici sono posti all’interno della testata con unica ampiezza di 60°, e sono interposti, tra
fascio e paziente, automaticamente dalla macchina per un tempo necessario a modificare la curva
di isodose alla profondità necessaria.
Anche se di angolazione fissa è possibile ottenere lo stesso risultato dei filtri manuali riducendo
l’angolo di irradiazione.
- Quelli manuali sono inseriti dal tecnico esternamente alla testata e hanno ampiezza variabile da 15
a 30 a 45 a 60°.
3. Treatment Planning Le immagini TC ottenute, vengono inviate al sistema dei piani di trattamento dove il fisico con il medico elabora la dose da erogare, individua il volume bersaglio, stabilisce il numero dei campi, e l’energia necessaria,. Viene di seguito eseguita la fase di set-up (simulazione) e la verifica radiologica, all’acceleratore.
4. Set-up e verifica La simulazione si basa sull’utilizzo di apposite apparecchiature dedicate chiamate simulatori universali. Nel corso della simulazione devono essere definiti tutti i parametri riguardanti il posizionamento del paziente sul lettino, la grandezza dei campi di ingresso delle radiazioni, l’inclinazione del gantry, la rotazione del collimatore, l’uso di protezioni fisse o sagomate, la distanza fuoco pelle e isocentro, il controllo radiografico del volume bersaglio.
Il controllo viene eseguito mediante delle immagini radiologiche eseguite sull’acceleratore, con l’utilizzo di accessori integrati nell’apparecchio come il sistema Portal Vision, o l’EPID (Electronic Portal Imaging Device). Se le immagini ottenute corrispondono a quelle digitalmente ricostruite ottenute dalla TC di centraggio (DDR), il fisico fornisce al tecnico dei parametri per il corretto posizionamento del paziente. Andranno in seguito tatuati sul paziente i punti di ingresso dei campi, nonché i punti di allineamento dei laser di centraggio.
Errori di set up rilevabili · Flessione del piano del lettino · Disallineamento dei laser · Malposizionamento del paziente nel presidio di immobilizzazione · Mobilità della cute su cui sono segnati i tatuaggi · Respirazione · Aumento o calo fisico del paziente
Al termine della simulazione, le porte di ingresso dovranno essere segnate sulla cute mediante la realizzazione di tatuaggi puntiformi in corrispondenza del centro o su zone corporee di facile individuazione, la cui localizzazione deve essere registrata in cartella. Tutti i vari parametri e gli eventuali spostamenti da esso verranno riportati sulla cartella per facilitare il centraggio in sede di trattamento
Andranno tatuati anche i punti di convergenza dei fasci luminosi laterali (laser) che in genere si cerca di far coincidere con l’isocentro del volume bersaglio. Questo permetterà anche la corretta rotazione nel posizionamento del paziente sul lettino di trattamento.
Su un piano di trattamento saranno riportati i seguenti dati:
· Cognome, nome e numero di cartella del paziente · Descrizione del campo di trattamento · Tipo di energia (fotoni o elettroni) · Cadenza · UM · UM con filtro a cuneo · Accessori (filtri a cuneo, split, sagome, ecc.) · Dimensioni del campo · Impostazione campo con multileaf (Y1 – Y2) · Rotazione del collimatore · Rotazione del gantry · Rotazione del lettino · DSP · Posizione del paziente
Al momento della sistemazione del paziente sul lettino di terapia, è fatto obbligo consultare sempre la cartella.
Operazioni dosimetriche necessarie Dosimetria in vivo: Consiste nell’utilizzo di apposite sonde dosimetriche che permettono, nel corso della seduta di trattamento, di verificare sia la dose erogata dalla macchina, che quella effettivamente assorbita dai tessuti e dagli organi inclusi nel piano di cura. I dosimetri maggiormente utilizzati per la realizzazione delle dosimetrie in vivo sono quelli a termoluminescenza (TLD). Il loro principio di funzionamento è basato sulla capacità di alcune sostanze, quali il fluoruro di litio, di catturare elettroni nel corso dell’irradiazione e di rimetterli sotto forma di radiazione di luminescenza. L’intensità della radiazione luminosa, proporzionale alla energia assorbita, viene misurata da un apposito dispositivo contenuto nel dosimetro stesso, il quale opera la conversione da energia luminosa a dose assorbita sulla base di fattori di correzione che richiedono un’accurata calibrazione.
Altri tipi di dosimetri sono quelli a semiconduttori (al solfuro di cadmio), basati sulla capacità di alcune sostanze di ridurre la propria resistenza elettrica quando vengono colpite da radiazioni ionizzanti. I dosimetri a semiconduttori hanno il grosso vantaggio di permettere una rilevazione della dose in tempo reale.
Nel caso in cui tra la dose prescritta e la dose misurata si dovesse riscontrare una disomogeneità superiore al 5%, si dovrà ricontrollare il set-up del trattamento. Studi in questo senso hanno dimostrato che i più frequenti errori sono dovuti sia alla inaccuratezza del set-up, sia all’errore degli algoritmi utilizzati per il calcolo della dose, che spesso non tengono conto delle disomogeneità tissutali in grado di alterare sensibilmente la trasmissione delle radiazioni in profondità.
Tecnica degli emicampi In caso di irradiazione di tessuti con spessore minimo, vi sarà sicuramente in profondità una sovrapposizione del fascio radiante e quindi una parte di tessuto che riceverà una dose di radiazioni maggiore a quella necessaria. Per ovviare a tale problema viene utilizzata in radioterapia la tecnica degli emicampi. In pratica si chiudono i due diaframmi dei lati che si andrebbero a sovrapporre lasciando il cosiddetto GAP o penombra, ossia un canale di 2mm che evita la sovrapposizione dei fasci radianti. Tale tecnica è impiegata in tutti quei distretti volumetricamente ridotti, quali mammella, somi vertebrali, distretto cervico-cefalico.
La IORT (RT intraoperatoria) La IORT è un trattamento radioterapico eseguito a cielo aperto durante un intervento chirurgico con la somministrazione di una dose singola.
NOVAC 7 è un acceleratore lineare di elettroni dedicato alla IORT che può essere impiegato in una normale sala operatoria. Mobile e facilmente bloccabile, può produrre fasci di elettroni di 4 differenti energie nominali: 3, 5, 7, 9 MeV La IORT viene utilizzata soprattutto a livello addominale e pelvico per il trattamento di alcune forme tumorali del pancreas, dello stomaco, delle strutture retroperitoneali, dell’utero e della vescica. Inoltre può essere usata per i tumori mediastinici e polmonari, oltre che per i tumori endocranici sopratentoriali e del distretto cervico-facciale. Tale tecnica ha vantaggi quali la diminuzione della recidive locali, ma anche svantaggi come rischi di infezione e prolungamento dell’anestesia, scarsa produttività, costi alti e problemi legati alla radioprotezione. L’acceleratore, infatti, produce una piccola quantità di radiazione dispersa, la cui sorgente principale è il paziente, che si comporta come un “bersaglio” per il fascio, e converte in raggi X lo 0.3 - 0.5 % dell’energia degli elettroni.
L’apparecchiatura è mobile rispetto ai 4 assi: Azimuth, Elevazione, Inclinazione e Rotazione. Esistono inoltre applicatori piani che fungono da collimatori con spessore da 40 ai 100 mm e angoli terminali da 0°, 22.5°, e 45°.
Tecniche di irradiazione totale cutanea (TBI) È utilizzata per epidermiti e dermatiti superficiali con elettroni da 2-4 MeV, normalmente si utilizzano 6 campi in due sedute di trattamento: 1° Giorno AP, OPD, OPS 2° Giorno PA, OAD, OAS
Stereotassi La stereotassi è una particolare tecnica di radioterapia per l’encefalo che consente di somministrare una elevata dose di radiazioni, in un’unica frazione, ad un volume bersaglio limitato, utilizzando un fascio molto piccolo e ben collimato. Sul capo del paziente viene posizionato un casco localizzatore con delle viti speciali fissate e bloccate fino all’altezza del periostio. Viene quindi eseguita un TC o RMN con MDC dell’encefalo, dove appaiono rilevabili sia i reperi radiopachi del casco localizzatore che il bersaglio neoplastico. L’erogazione della dose di circa 20-30 Gy, in un’unica seduta, viene effettuata attraverso una decina di archi.
Compiti del TSRM · Collaborazione con il Radioterapista nelle procedure di simulazione e di centratura · Predisposizione di blocchi, sagome, filtri,ecc. · Esecuzione delle singole sessioni di RT esterna · Predisposizione tecnica dei trattamenti di brachiterapia e collaborazione con il Radioterapista nella loro esecuzione · Gestione del registro di carico/scarico delle sorgenti · Registrazione dei “dati di irradiazione” nella RT esterna e nella brachiterapia
L’ottimizzazione Le dosi a volumi e tessuti non bersaglio devono essere basse, ragionevolmente ottenibili e compatibili con il fine radioterapeutico perseguito con l’esposizione.
Direttiva Euratom 97/43 del 30.06.1997 - art. 4 D.Lgs. 187/2000 - art. 4, comma 3
Verifica giornaliera dei dispositivi
1. Spie verdi/rosse interno bunker o Spia rossa : irradiazione in corso o Spia verde : macchina pronta
2. Spie verdi/rosse esterno porta bunker o Spia rossa : irradiazione in corso o Spia verde : macchina pronta
3. Verificare il buon funzionamento dei contatti elettrici porta accesso al bunker 4. Durante l’irradiazione, aprire una delle porte del bunker, verificando l’effettivo arresto dell’emissione dei raggi 5. Verificare il buon funzionamento di interfono e telecamere a circuito chiuso 6. Verificare che : · i laser laterali orizzontali seguano la superficie del lettino; · i laser laterali verticali seguano la linea trasversale della croce di campo; · il laser sagittale coincida con la linea sagittale della croce di campo. Dato il carattere qualitativo della verifica non vengono stabilite tolleranze fisse. Ogni scostamento visibile (1-2 mm) deve essere segnalato al fisico specialista, che valuterà di caso in caso la possibilità di eseguire un controllo approfondito.
I laser orizzontali devono seguire la superficie del lettino
I laser laterali devono seguire la linea trasversale della croce di campo (centro del fascio uscente dalla testata)
Il laser sagittale deve coincidere con la linea sagittale della croce di capo
Approccio radioterapico ad alcune forme tumorali:
Tumori del retto I tumori del colon-retto costituiscono la seconda causa di morte nei 2 sessi, sono tumori molto frequenti, il cui rischio aumenta con l’aumentare dell’età. Oggigiorno però una grossa parte di questi tumori (più del 50%), viene curata con approcci multidisciplinari (chirurgia, chemioterapia e radioterapia). Per quanto concerne il trattamento radioterapico sarà è sempre necessario irradiare i linfonodi presenti, cioè i perirettali, i sigmoidei,e i mesenterici inferiori, irradiati sia precauzionalmente sia perché realmente interessati da cellule neoplastiche.
I fattori di rischio sono di carattere ambientale, il cancro del retto è un di tumore diffuso soprattutto nei paesi industrializzati: · una dieta ricca di proteine e grassi animali e povera di fibre e frutta, ne favorisce lo sviluppo · nonché patologie come la retto-colite ulcerosa (RCU), o la poliposi adenomatosa familiare, e la sindrome di Gardner determinano un altissimo rischio di cancro al retto.
Il quadro clinico si può manifestare con: · melena: perdita di sangue nelle feci · modificazioni del calibro fecale: per restringimento del lume · mutamenti dell’alvo: sia in senso stiptico che diarroico · senso di evacuazione incompleta e tenesmo: continua stimolo alla defecazione · massa rettale palpabile: il 75% dei tumori del retto si palpano con l’ispezione digito-rettale. · dolore (tardivo): il dolore cronico non è uno dei sintomi più frequenti all’esordio della malattia, mentre si manifesta in uno stadio già avanzato della malattia.
Per quanto riguarda l’istologia, la maggior parte di questi tumori (90-95%) sono adenocarcinoma, precisamente: mucinosi, a cellule ad anello con castone e squamosi
La diagnosi si esegue con: · l’esame digitorettale (DRE) · proctosigmoidoscopia · biopsia della lesione individuata
La stadiazione è fondamentale per capire che tipo di trattamento effettuare, poiché come detto l’approccio risulta miltidisciplinare, dunque chirurgia, chemio e radioterapia.
Gli esami utilizzati per fare stadiazione sono: · colonscopia o rettoscopia · TAC o RMN addome pelvi · ecografia trans-rettale · RX torace: non indispensabile se è eseguita una TC total-body · CEA : marcatore specifico dei K intestinali · PET con FDG: svolge un ruolo importante sia nello stading iniziale (l’8% di metastasi epatiche non vengono diagnosticate con altre metodiche), sia nella valutazione della risposta al trattamento integrato radioterapia-chirurgia e sia, nella discriminazione della recidiva dalla fibrosi. Nei pazienti operati e irradiati infatti si crea una fibrosi nella zona pre-sacrale, zona molto a rischio per quanto riguarda le recidive locali. Poiché la fibrosi ha un carattere evolutivo, questa massa nei controlli successivi (a 3 o 6 mesi) può risultare aumentata, potendo mimare una recidiva locale, è compito dunque della PET con FDG, valutare il metabolismo della neoformazione, che sarà assente nel caso del fisiologico fenomeno fibrotico che si viene a creare, o presente nel caso di una recidiva del tumore.
Approccio radioterapico pre e post operatorio Fino a qualche anno fa, la radioterapia post-operatoria era uno standard negli Stati Uniti; ma uno studio degli ultimi anni, fatto confrontando radioterapia pre-operatoria e radioterapia post-operatoria ha dimostrato che la post-operatoria è meno efficace e più tossica della pre-operatoria.
Nella post-operatoria aumenta il rischio di recidive, poiché dopo un intervento le cellule sono meno ossigenate, per fenomeno cicatrizzale che si attua, dunque meno sensibili alla radioterapia.
Inoltre, dopo l’intervento le anse intestinali tendono a scendere nella pelvi e poiché queste risultano essere gli organi critici per questo tipo di irradiazione, aumenta il rischio di tossicità.
Per questi motivi specialmente in Europa, è preferita la pre-operatoria rispetto alla post-operatoria. I problemi della radioterapia pre-operatoria sono, però, quelli legati alla stadiazione clinica. Mentre, infatti, in un trattamento post-operatorio si è sicuri dello stadio del paziente, nella pre-operatoria si ha solo una stadiazione clinica, da qui: la necessità di utilizzare più metodiche diagnostiche dalla PET, alla TAC, all’ecografia endoscopica e alla retto-colonscopia.
Quindi a parte la problematica “stadiazione”, la pre-operatoria offre solo vantaggi: · c’è una riduzione dell’incidenza di recidive locali e della disseminazione di cellule neoplastiche al momento della chirurgia · c’è la possibilità di ridurre le dimensioni del tessuto da asportare con possibilità di intervento più conservativo, ma si richiedono almeno 6-8 settimane di attesa dopo la fine del trattamento di RT, prima di poter operare, per garantire la diminuzione del volume tumorale · c’è una migliore ossigenazione delle cellule neoplastiche e quindi, a parità di dose, c’è una maggiore efficacia della radioterapia · c’è una minore tossicità a carico delle anse del tenue · il volume da irradiare è generalmente più piccolo, infatti, nella post-operatoria, per far entrare nel campo anche la cicatrice perineale, che è a rischio di recidiva, si allunga il campo aumentando il volume da irradiare.
Studi recenti dimostrano che: · la sopravvivenza a 5 anni è abbastanza simile: nella RT pre-operatoria è del 76%, nella post-operatoria è del 74% · la recidiva locale nella pre è del 6%, mentre nella post è del 13% (risultato statisticamente significativo) · la tossicità acuta è del 14% nella pre-operatoria e 24% nella post-operatoria
Tecniche radioterapiche La radioterapia si esegue con dose totale di 45-50.4 Gy, sia per la pre che per la post-operatoria; in realtà quando si fa la pre-operatoria alcuni gruppi di pazienti arrivano a 54 Gy sul tumore e frazioni di 1.8 Gy.
Un fattore molto importante legato alla radioterapia è la tossicità che può essere: · tossicità enterica, è quella più importante e può portare alla sospensione del trattamento · tossicità ematologica che determina un abbassamento dei globuli bianchi, delle piastrine e ci può essere anemia · la tossicità cutanea si riscontra raramente, perché si utilizzano 3-4 campi, quindi la dose sulla cute è bassa · la tossicità urogenitale è dovuta alla presenza dell’uretra e della vescica nel campo, però gli organi dell’apparato uro-genitale sono abbastanza resistenti
Tecnicamente, dovendo utilizzare alte energie (10-20 MeV) è fondamentale utilizzare: · campi multipli (3-4 campi), · schermature personalizzate · la posizione di decubito prono che presenta 2 vantaggi
I) mette sotto pressione l’addome spostando le anse intestinali verso l’alto
II) la porzione posteriore de tronco è meno mobile dell’addome É preferibile inoltre, che il paziente abbia la vescica piena, per spostare le anse intestinali in alto e favorire quindi la diminuzione di volume di intestino tenue nel campo, a tale proposito può essere utilizzato anche un compressore ipogastrico.
Per l’irradiazione si usa la tecnica a 3 campi: · campo postero-anteriore · campo laterale DX · campo laterale SN
È inoltre indicata la IORT per: · i tumori localmente avanzati, cioè tumori che il chirurgo non riesce a togliere completamente, dunque si decide una IORT sui residui · tumori non resecabili · recidive neoplastiche, in cui non è ipotizzabile un intero ciclo di radioterapia
I Linfomi Sono neoplasie che invadono le stazioni linfonodali con cellule particolarmente simili a quelle delle leucemie. La differenza tra un linfoma e una leucemia è dunque il bersaglio della neoplasia, che nelle leucemie risulta essere il tessuto ematico. Dal punto di vista clinico si distinguono in linfomi Non Hodgkin e linfomi Hodgkin, i primi associati ad alterazioni della cellule B e T, i secondi (Hodgkin) a mutazioni di cellule Reed-Stemberg (cellule polimorfonucleate). Entrambe sembrano essere correlate alla positività al test per l’Epstein-Barr virus, responsabile della Mononucleosi, e si associano più o meno evidentemente a quadri di immunodeficienza, come nell’AIDS. Il sintomo più frequente è una tumefazione linfoghiandolare, associata a febbre superiore a 38° C, perdita di peso superiore al 10% negli ultimi sei mesi, prurito diffuso e la sudorazione. Manifestazioni tipiche però anche di una banale malattia parassitaria trasmessa dai gatti, la Toxoplasmosi.
Diagnosi Poiché spesso le cellule tumorali non differiscono particolarmente da quella originarie, è necessario per la diagnosi un prelievo istologico, piuttosto che l’agoaspirazione. Ad esempio tale tecnica è necessaria nei LNH di basso grado, in cui vi sono cellule estremamente simili a quelle originarie, tuttavia tali linfomi, pur progredendo con particolare lentezza (anche 10 anni), sono poco reattivi alle terapie odierne che hanno carattere antiproliferativo. I gradi intermedio e alto, richiedono invece interventi immediati, con chemio e radioterapia, e hanno buone possibilità di guarigione.
Le varianti istologiche del LH sono fondamentalmente 3: Quella a peggiore prognosi è la Deplezione Linfocitaria, più comune nell’anziano, mentre quella a migliore prognosi è la Predominanza Linfocitaria, più comune nei giovani. L’istologia più frequente è quella a prognosi intermedia, la sclerosi nodulare. Il linfoma di H ha generalmente una buona prognosi, rispondendo bene alla terapie, e la maggior parte dei pazienti guarisce, anche se questo dipende dallo stadio della malattia.
La stadiazione si accerta mediante: · TAC total body, che è l’esame fondamentale · Biopsia osteomidollare, se le cellule del linfoma sono presenti nel midollo emopoietico significa che il tumore è al quarto stadio · Radiografia del torace, che può essere evitata se si esegue una TC. · Esami complementari, tra cui eco per il controllo dei linfonodi, e PET, che ha sostituito la scintigrafia con gallio-67. La PET è molto utile sia per la stadiazione che per valutare la risposta alla terapia, in quanto ci consente di sapere se vi sono linfonodi ancora attivi metabolicamente, e quindi c’è ancora residuo di malattia, o non c’è altro che residuo fibrotico.
Stadiazione · Un linfoma si considera di primo stadio quando vi è la compromissione di una singola regione linfonodale o di un singolo o di due linfonodi che interessano la stessa regione,
Es.: laterocervicali sinistri
· Per stadio due si intende l’interessamento di più stazioni linfonodali, più sedi interessate, da uno stesso lato del diaframma, quindi o sopra o sotto diaframmatico · Il terzo stadio si riferisce ad una multipla focalizzazione localizzata sia sopra che sotto il diaframma, in cui possono essere interessate anche solo due sedi;
Per la radioterapia dei linfomi si può utilizzare il campo a Y rovesciata per colpire i linfonodi periaortici iliaci inguinali e femorali, o il campo a mantellina che irradia i linfonodi laterocervicali, sapra-claveari, mediastinici e ascellari. Nella maggior parte dei casi, però se si può fare la chemioterapia, in quanto non ci sono controindicazioni, si eseguono 3-4 cicli di CT, più una radioterapia Involved Field, cioè che irradia solo la parte interessata. In genere è preferita questo tipo di RT, perché nel linfoma di H i pazienti in genere sono giovani, quindi, ridurre volumi di trattamento significa ridurre il rischio di tumori a distanza di tempo La dosi sono comprese tra i 30 e i 40 Gy, le dosi più basse sono utilizzate se dopo la chemioterapia non si ha più evidenza di malattia alla TAC e alla PET, mentre quelle più alte si utilizzano se ci dovesse essere ancora evidenza di malattia. Quando il linfoma di H comincia ad essere ad uno stadio più elevato, sopra e sotto diaframmatico, nella maggior parte dei casi si fa solo la CT. In alcuni casi può essere indicata la RT se ci sono dei siti particolarmente grossi dai 6 ai 10 cm che vengono detti Bulky.
La differenza clinica fondamentale fra i due linfomi è che gli H in genere hanno una diffusione prevedibile, nel senso che si diffondono per contiguità, cioè ad esempio un linfoma di H laterocervicale è più facile che abbia una diffusione sopra-claveare, mediastinica, piuttosto che inguinale. Nel LNH invece non c’è una contiguità ed è per questo che non si utilizzano quasi mai campi grandi di radiazioni. Ma sempre tecniche di Involved Field.
Carcinoma della Mammella La mammella è il sito più comune di cancro nella donna. Seconda causa di morte per neoplasia maligna nella donna, ha età mediana di incidenza intorno ai 60 anni, inoltre una donna su 10 svilupperà un cancro della mammella nel corso della vita.
I fattori di rischio sono correlati a: · Trasmissione eredo-familiare · Mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2 che predispongono ad un rischio quasi certo, (in passato negli U.S.A. queste pazienti venivano preventivamente mastectomizzate) · Precedente storia di cancro dell'endometrio · Menarca precoce (<12 anni) e/o menopausa tardiva (>50 anni) poiché l’esposizione agli estrogeni aumenta il rischio di malattia · Nulliparità o prima gravidanza tardiva
Segni e Sintomi · Nodulo mammario non dolente (nella maggioranza dei casi) · Dolore alla mammella · Secrezione dal capezzolo · Erosione, retrazione, ingrandimento o prurito al capezzolo · Rossore, indurimento o cambi di volume della mammella · Massa ascellare o gonfiore al braccio · Dolore osseo, ittero o perdita di peso
Diagnosi · Ispezione e palpazione della mammella, per controllare la simmetria · Mammografia e/o ecografia (oggi anche RM) · Esame citologico con ago sottile (FNAB) · Esame istologico con prelievi di grossi frustoli con apparecchiature dedicate quali il Mammotome. · Duttogalattoscopia per lesioni endoduttali.
Istologia del Carcinoma Mammario Principalmente si osservano carcinomi: · Duttale Infiltrante · Duttale in situ, cioè senza il superamento della basale (DCIS) · Tubulare, che provoca metastasi nel 99% dei casi · Mucinoso · Midollare · Papillare · Lobulare infiltrante · Lobulare in situ (LCIS)
Manifestazioni cliniche particolari di cancro mammario
- Carcinoma di Paget, prurito o bruciore al capezzolo con erosione o ulcerazione superficiale. La lesione alla base è spesso un carcinoma duttale infiltrante ben differenziato o un duttale in situ che occupa i dotti del capezzolo. Rappresenta circa 1' 1% dei casi.
- Carcinoma Infiammatorio o Massite Carcinomatosa si manifesta con una massa a crescita rapida, spesso dolente, che ingrossa la mammella. La cute della mammella diventa eritematosa, edematosa e calda. E' la forma più aggressiva di cancro mammario. Rappresenta meno del 3% dei casi.
La Stadiazione · Stadio 0, carcinoma in situ con assenza di metastasi linfonodali e distali, vi è un’alta possibilità di guarigione. · Stadio I, tumore inferiore a 2 cm, con assenza di metastasi linfonodali e distali. · Stadio IIA, tumore che varia da 2 a 5 cm, con possibile presenza di metastasi linfonodale e assenza di metastasi distale. · Stadio IIB, tumore che varia da 2 a più di 5 cm, con possibile presenza di metastasi linfonodale e assenza di metastasi distale. · Stage IIIA, tumore che varia da 2 a più di 5 cm con presenza di metastasi linfonodale e assenza di metastasi distale. · Stadio IIIB, con possibile interessamento della cute o della parete toracica, presenza di metastasi linfonodali e assenza di quelle distali. · Stage IV, tumore di varia grandezza con metastasi linfonodali e distali.
Indagini standard per la ricerca di metastasi a distanza nelle pazienti con cancro mammario Poiché i siti più frequenti di metastasi del tumore della mammella sono l'osso, polmone e fegato vengono eseguite: · Radiografia del torace · Ecografia epatica · Scintigrafia ossea
I marcatori di solito espressi dal tumore sono: · CEA (poco specifico) · CA 15-3 · MCA
L’operazione chirurgica può avvenire in 3 modi: · Tumorectomia: intervento conservativo che elimina il solo tumore · Quadrantectomia: asportazione di un intero quadrante della mammella. Con la tumorectomia, rappresenta un intervento conservativo · Mastectomia radicale modificata asportazione della intera ghiandola mammaria, cute sovrastante, areola e capezzolo, fascia pettorale e linfonodi ascellari Le opzioni dipendono dalla grandezza del tumore e dalle condizioni psicologiche della paziente.
Accanto alla tumorectomia e alla quadrantectomia può essere eseguita la linfoadenectomia ascellare omolaterale che consiste nell'iniezione di una sostanza radioattiva o un colorante nella zona peritumorale per seguire il drenaggio linfatico. Il primo linfonodo che incontra il materiale radioattivo o colorato è detto linfonodo sentinella, su questo va eseguito un esame istologico, che se negativo, evita l’asportazione della catena linfonodale ascellare, diminuendo il rischio di edemi del braccio.
Farmaci utilizzati nel trattamento del cancro della mammella · Chemioterapici antiblastici con farmaci citotossici (per tumori con recettori estrogeno-negativi e con caratteristiche istologiche aggressive).
· Terapia ormonale (Tamoxifen) che elimina gli estrogeni dal circolo, mimando un fattore sessuale che blocca l'ipofisi nella produzione degli ormoni sessuali, impedendo alle ovaie di produrre estrogeni, tale terapia è utilizzata nei casi di positività all’espressione dei recettori estrogenici.
Radioterapia nel cancro della mammella · Radioterapia a fasci esterni, (più frequente, e utilizza 2 campi tangenziali) · Radioterapia intraoperatoria (IORT) · Brachiterapia interstiziale, sempre meno utilizzata · Radioterapia con radionuclidi, usata nei casi di metastasi ossee diffuse; si usano radionuclidi per la palliazione del dolore come il Samario, il Renio e lo Stronzio.
Per il trattamento del carcinoma mammario abbiamo 3 possibilità: Chirurgia, radioterapia e chemioterapia, la scelta è di norma legata alla stadiazione della patologia. Per stadi poco avanzati (0,1,2) della patologia, si possono considerare interventi conservativi, quali tumorectomia e quadrantectomia, sempre associati alla valutazione dei linfonodi sentinella, dunque a possibile linfoadenectomia ascellare omolaterale, e radioterapia successiva. La chemioterapia è di solito indicata nei casi di k con recettori estrogeno-negativi. Per stadi più avanzati (3,4) si utilizza mastectomia radicale modificata, chemio, radioterapia e terapia ormonale dove utilizzabile.
l'iiradiazione prevede dosi da 40 a 50 Gy più boost (supplementi di dose) di 10-16 Gy, con frazioni di 1.8-2 Gy per seduta, con energie di 4 6 MeV.
Irradiazione delle stazioni linfonodali Viene eseguita per ridurre il rischio di recidive locali, e si effettua sugli ascellari, i sovraclaveari e i mammari. · Sugli ascellari e sui sovraclaveari quando il coinvolgimento è superiore a tre linfonodi, vi è una macroscopica extracapsularità, e una recidiva della parete toracica · Sui mammari interni, per k localizzati nei quadranti mediali con linfonodi positivi
Indicazioni per la radioterapia · Dopo il trattamento chirurgico conservativo: è sempre fatta radioterapia · Dopo mastectomia: viene fatta in pazienti ad alto rischio di recidiva locale · Nelle pazienti con metastasi ossee a scopo palliativo
Prevenzione Non si conosce un modo per prevenire lo sviluppo del cancro della mammella. Comunque dati di uno studio preliminare suggeriscono che il Tamoxifen (anti-estrogeno) sia utile nelle pazienti ad alto rischio di sviluppo. La prevenzione secondaria (Diagnosi precoce) attraverso lo screening con visita senologica e mammografia annuale riduce la mortalità nelle pazienti tra i 50 e i 70 anni di età.
II cancro della prostata La prostata, è un organo impari e mediano a forma di castagna che avvolge nel maschio il primo tratto dell’uretra. Confina anteriormente con la sinfisi pubica, posteriormente con l’ampolla rettale da cui si separa tramite il setto retro-vescicale o Fascia di Denonvilliers, in alto confina con la vescica e in basso con il diaframma uro-genitale. È divisa in 5 lobi, 2 laterali, 1 intermedio, 1 posteriore, 1 anteriore. All’interno della prostata sono sistemate da 30 a 50 ghiandole tubulo alveari, che producono un liquido ricco di enzimi che costituisce il 30% del liquido seminale.
Ha incidenza altissima, di studi americani hann evidenziato, praticando autopsie in uomini di età superiore a 50 anni deceduti per altre cause, nel 30% dei casi un cancro prostatico. Dunque accanto alla percentuale alta di diffusione si associa, come si può dedurre una asntomaticità iniziale, che non espone la patologia.
Esami di screening dovrebbero essere eseguiti annualmente in pazienti di età compresa tra 50 e 70 anni, oppure già dai 40 anni, se vi è rischio legato a familiarità , o se si è di razza nera, mediante la valutazione del: · PSA sierico (Antigene Prostatico Specifico, marcatore del cancro alla prostata): viene dosato attraverso un normalissimo prelievo di sangue) · DRE, Esplorazione Digito Rettale che viene fatta durante una visita urologia.
Valori medi di PSA sierico in condizioni normali: età Valori ng/dl 40-49 0-2.5 50-59 0-3.5 60-69 0-4.5 70-79 0.5-6.5
La malattia in genere rimane asintomatica quando è in uno stadio iniziale, mentre quando è localmente estesa, spesso si manifesta un'ostruzione uretrale che determina: · pollachiuria (aumento del numero delle minzioni giornaliere), · nicturia (numerose minzioni durante la notte), · disuria (dolore alla minzione) · raramente ematuria ed emospermia. · impotenza
Alcuni di questi sintomi sono presenti anche nell’ipertrofia prostatica benigna, diffusissima nell’anziano, che però ha origine dalla zona centrale, periuretrale dell’organo, mentre i k prostatici, si sviluppano dal tessuto ghiandolare periferico.
In caso di malattia avanzata, cioè in fase metastatica, la manifestazione clinica si riferisce più ai sintomi legati alle metastasi che si sviluppano principalmente a livello osseo.
La diagnosi si esegue con: · Esame clinico ed esplorazione digito-rettale · Esami di laboratorio, tra cui il dosaggio ematico di PSA · Esami di imaging, RM e scintigrafia ossea (per evidenziare l'eventuale presenza di metastasi), ecografia trans-rettale · Biopsia trans-uretrale
La stadiazione Si esegue con: 1. valutazioni generiche, nell’identificazione del grado di differenziazione cellulare: o G1 lieve anaplasia o G2 moderata anaplasia o G3 grave anaplasia o G4 completamente indifferenziato (spesso non è possibile identificare il tessuto di origine) 2. valutazione nel PSA sierico
3. valutazione del coinvolgimento linfonodale (è chiaro che se i linfonodi regionali sono negativi, la prognosi è migliore
4. età (la prognosi è peggiore se l'età del paziente è inferiore ai 50 anni)
5. classificazione specifica di Gleason il valore di Gleason è dato dalla somma di due punteggi che identificano le caratteristiche di differenti gruppi cellulari, nonché il rapporto che il tessuto ha nei confronti dei tessuti adiacenti, e il grado di differenziazione. A ciascun gruppo di cellule viene dato un punteggio da 1 a 5 , in cui 1 indica una minore aggressività mentre 5 un’aggressività maggiore. La somma dei due valori viene poi confrontata in una scala che va da 2 a 10 in cui : i tumori con valori da 2 a 4 non sono aggressivi; i tumori con valori 5 e 6 hanno una aggressività medio-bassa; i tumori con valori da 7 a 10 sono clinicamente importanti.
La valutazione di Gleason è particolarmente indicata per la valutazione linfonodale.
Le opzioni terapeutiche a disposizioni per il trattamento del cancro prostatico sono: • la chirurgia o prostatectomia radicale • la radioterapia • la terapia ormonale
La prostatectomia radicale e la radioterapia sono egualmente efficaci nel trattamento di neoplasie limitate alla prostata in pazienti in cui la malattia non è metastatica e non ha linfonodi positivi.
Il paziente affetto da tumore alla prostata può essere trattato con vari tipi di radioterapia : 1. Radioterapia a Fasci esterni 2. Brachiterapia interstiziale 3. Radioterapia metabolica
La radioterapia a fasci esterni può essere: convenzionale o conformazionale a modulazione di intensità, o a raggi protonici.
La radioterapia di tipo convenzionale, in genere, viene effettuata quando ci sono linfonodi positivi regionali. Utilizza 4 campi che ci permettono l’irraidazione ditutta la pelvi. I campi effettuati sono: · antero-posteriore · postero-anteriore · 2 laterali Si fa, in genere, per 5 giorni a settimana con frazioni di 1.8-2.0 Gy a seduta, con radiazioni X di energia uguale o superiore a 15 MeV. Le dosi raggiungibili con questa tecnica non superano i 70 Gy. Quando abbiamo l'esigenza di dover irradiare anche la pelvi, no è possibile superare i 50 Gy per la presenza di organi cririci, come retto, vescica, e anse intestinali.
La radioterapia prevede paziente a decubito prono e 6 campi: · Obliqua anteriore sinistra · Laterale sinistra · Obliqua Posteriore sinistra · Obliqua posteriore destra · Laterale destra · Obliqua anteriore destra.
La terapia conformazionale consente di incrementare la dose al bersaglio fino a 75Gy, perché sì colpisce solo la prostata e un piccolo volume di sicurezza.
La radioterapia ad intensità modulata permette di modulare l'intensità della radiazione durante il trattamento. Consente di aumentare la dose fino a 80 Gy.
La radioterapia con protoni, è una tecnica che richiede acceleratori ad altissima energia come sincrotroni e ciclotroni. La caratteristica dei protoni è che una volta colpito il bersaglio decadono, limitando la ddose ai tessuti adiacenti.
Nella brachiterapia interstiziale vengono impiantati, all'interno del tumore semi di Iodio 125 o Palladio 103 che rilasciano radiazioni in un arco di tempo variabile, permettendo di raggiungere dosi superiori a 100 Gy
La radioterapia metabolica è indicata per la metastatizzazione ossea diffusa, utilizza stronzio 89 ed ha un effetto antalgico nel 70% dei casi.
I risultati della radioterapia vengono valutati in base alla sopravvivenza a 10 anni: in caso di tumore prostatico T1 la sopravvivenza è del 90%, in un T2 è del 70% in un T3 o T4 non supera il 32-47%.
Un aspetto importante della radioterapia è la sua tossicità, che può portare effetti collaterali quali : · Impotenza nel 3 1 .8 % · Stenosi uretrale nel 3.9% · Sanguinamento ulcera rettale nel 1.7 % · Proctite nel 1,6% · Incontinenza nel 1.5 % · Ostruzione o perforazione nello 0.6% · Stenosi rettale o anale nello 0.4% · In casi molto rari, ossia lo 0,2% può portare alla morte.
Gli effetti collaterali più importanti e frequenti nel trattamento radioterapico della prostrata sono sicuramente l'impotenza e la stenosi uretrale. Nel caso di radioterapia la probabilità per il paziente di avere impotenza è del 31.8%, va detto comunque che pazienti allo stesso stadio di malattia, trattati chirurgicamente, hanno probabilità molto maggiore di andare incontro ad impotenza. Nell’intervento chirurgico inoltre è maggiore il rischio di complicanze cardiopolmonari incontinenza e impotenza, mentre è maggiore il rischio di proctiti nella radioterapia.
Un altro tipo di trattamento utile contro il tumore prostatico è il trattamento ormonale. Si ricorre a tale trattamento perché questo tipo di tumore è sensibile ormoni anti androgeni, che bloccano lo stimolo ormonale e permettono una diminuzione del PSA . Il trattamento ormonale è fatto con la somministrazione di : · Estrogeni · Analoghi dell'LHRH (ormone rilasciante l'ormone luteinizzante) · Antiandrogeni
Spesso è eseguita anche un’orchiectomia bilaterale, cioè l’asportazione dei *********, e la sostituzione di questi con protesi.
Le complicanze dei trattamenti ormonali sono : · Perdita della libido · Impotenza · Diarrea · Vampate di calore · Nausea
Tumori testa-collo (seni nasali, faringe, cavo orale, laringe) I tumori testa-collo pur non essendo frequenti come i tumori del polmone o del retto, e pur avendo scarsa propensione alla metastatizzazione sistemica, hanno grossa capacità invasiva a livello locale e loco-regionale. L’approccio0 terapeutico è di solito mutidisciplinare associato a chemio, radioterapia e chirurgia. Soprattutto per quanto concerne la chirurgia si stanno diffondendo interventi, si radicali, ma che comportino turbative estetiche quanto più limitate possibili. Basti pensare che fino a 15-20 anni fa alcuni tumori del testa-collo, prevedevano interventi che determinavano l’asportazione di intere porzioni vascolari del collo, della mandibola e dell’emifaccia, con risultati assolutamente invalidanti per il paziente.
Il problema di questo tipo di cancro è dunque il distretto anatomico, e interventi tinvasivi possono essere causa di vari gradi di deficit anatomici e/o funzionali, con conseguente compromissione della vita del paziente dal punto di vista di: · benessere · autostima · integrazione sociale
La radioterapia per tumori testa-collo può essere utilizzata in 3 modi: · Radioterapia neoadiuvante: è una radioterapia che prelude alla chirurgia · Radioterapia adiuvante: è una radioterapia che conclude un intervento chirurgico · Radioterapia esclusiva: è una radioterapia che viene utilizzata senza la chirurgia e a volte associata alla chemioterapia antiblastica.
Le dosi che si utilizzano nel distretto testa-variano tra 50-70 Gy; generalmente si utilizza un frazionamento convenzionale, ma si possono utilizzare anche frazionamenti alterati nel caso di tumori con una veloce riploriferazione dopo la frazione. In tal caso si potranno eseguire anche due sedute giornaliere con dosi di 1.2-1.3 Gy. Naturalmente le frazioni non saranno di 2 gy ma di 1,2-1,3gy.
Nel distretto testa-collo, le modalità radioterapiche sono: 1. A fasci esterni: la radioterapia a fasci esterni può essere : · Convenzionale · Conformazionale · Ad intensità modulata (IMRT · Adroterapia (specialmente con l’utilizzo di ioni carbonio) · Brachiterapia interstiziale, soprattutto nei tumori della lingua, del cavo orale, delle labbra, nei casi in cui la chirurgia potrebbe determinare gravi problemi estetici. · Con radionuclidi, per K tiroide (con I3II) o per linfomi.
Tumori della laringe Sono i tumori più frequenti, nel distretto testa-collo che in caso di piccole dimensioni, e in assenza di linfoadenopatie, possono essere curati ugualmente sia con la radioterapia che con la chirurgia. Le due tecniche hanno risultati equivalenti in termini di controllo locale e sopravvivenza. La radioterapia permette la preservazione della voce. La chirurgia può essere impiegata per il "salvataggio" in caso di fallimento della radioterapia o di ripresa di malattia dopo la radioterapia. In pratica sono piccoli tumori delle corde vocali che, potrebbero essere sicuramente ben curati con la chinirgia, ma questa presuppone l'asportazione delle corde vocali, determinando il deficit della parola.
La terapia con radiazioni è però possibile solo nel caso non vi sia un grosso interessamento linfonodale, nel collo infatti sono presenti circa 200 linfonodi, divisi in differenti regioni:
· Sottomentonieri · Sottomandibolari · Giugulari Alti · Giugulari Medi · Giugulari Bassi · Retrospinali · Prelaringei · Pre e Para-Tracheali · Paraesofagei · Ricorrenziali
Nei tempi passati, il trattamento di un tumore testa-collo con metastasi ai linfonodi consisteva nel togliere, oltre alla massa tumorale, anche tutti i linfonodi del lato interessato i vasi (carotide, giugulare, ecc.) per rendere l'intervento più radicale possibile. Col tempo però è stata fatta una selezione delle stazioni linfonodali che più frequentemente vengono interessate al fine di effettuare un intervento più selettivo.
Per quanto riguarda la tecnica di irradiazione, si utilizzano 3 campi: due laterali contrapposti per la parte del collo alto e un campo antero-posteriore per la parte del collo basso. Per irradiare i linfonodi che non sono sicuramente sede di malattia, ma che potrebbero esserlo, si usa una tecnica denominata shrinking:
Tecnica Shrinking Fields (campi che si restringono) Si comincia con un campo grande fino a 46 Gy che è la dose di tolleranza per il midollo spinale,dopo di che si stringe il campo fino al raggiungimeto di 70 Gy circa.
Nei tumori localmente avanzati è importantissimo l'approccio multidisciplinare, cioè la collaborazione tra chirurgia, radioterapia e terapia farmacologica, .
Tecniche radioterapiche nella palliazione Può essere fatta con la tecnica dei radionuclidi o con la radioterapia a fasci esterni. Mentre la radioterapia con radionuclidi ha una valenza solamente antalgica, quella con i fasci esterni si utilizza per la prvenzione di fratture . Lo schema più utilizzato è quello che prevede 10 frazioni da 3 Gy (in 2 settimane), ma questo schema è suscettibile a variazioni a seconda della condizione e dell’aspettativa di vita del paziente.
Terapia con radiazioni nei bambini Sebbene sia in alcuni casi inevitabile, si preferisce evitare questa metodica, avvalendosi principalmente di chemio e chirurgia. I problemi legati alla radioterapia nei bambini, sono infatti frequenti e gravi. Alcuni tumori infantili, come ad esempio il medulloblastoma, prevedono comunque l’utilizzo della radioterapia associata alla altre metodiche terapeutiche, in questa neoplasia sarà necessaria l’rradiazione di tutto il capo e della colonna, con rischi legati a danni neurologici e/o di crescita oseea, soprattutto se l’età del paziente è inferiore ai 3 anni. Si prediligono dunque, qundo possibile chemioterapia e chirurgia.
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La Tiroide È una grossa ghiandola situata nella regione anteriore del collo, ai lati della trachea, e inferiormente alle cartilagini del laringe. È costituita da due lobi interconnessi da un istmo e, con una certa frequenza (30-40 % dei casi), è apprezzabbile un sottile prolungamento che si origina dall'istmo tiroideo, il lobo piramidale del Morgagni, residuo del canale tireoglosso (dotto che nel feto congiunge la tiroide alla lingua).
L’unità funzionale è il follicolo, rivestito internamente da epitelio semplice cubico ed esternamente da una lamina basale. Il follicolo contiene al suo interno un materiale gelatino simile, detto colloide, che conserva la tireoglobulina, un precursore degli ormoni tiroidei, T3 e T4 (tiroxina e tiroidotironina), che intervengono i tutti i metabolismi cellulari, accelerandoli.
Patologie Tiroidee Possono essere: · Alterazione volumetriche della ghiandola (GOZZO) · Alterazioni funzionali (ipo o ipertiroidismo) · Patologie infiammatorie (Tiroiditi)
Alterazione volumetriche della ghiandola (Gozzo) Può essere: · Endemico, cioè diffuso in una popolazione, è un gozzo diffuso associato ad una dieta povera o priva di iodio, litio, selenio, calcio e gozzigeni naturali, che derminano una ipoproduzione di ormoni tiroidei, dunque una risposta spropositata dell’ipofisi nella produzione di TSH, con consequente ipertrofia compensatoria della tiroide. Tale alterazione si associa dunque ad un quadro di ipotiroidismo. · Tossico, sia nodulare (come nell adenoma di Plummer), che diffuso (come nel morbo di Graves), associato ad un quadro di tireotossicosi · Non tossico, diffuso (endemico), o nodulare (come nel caso di noduli “freddi” in neoplasie maligne).
Ipotiroidismo L’ipotiroidismo è uno stato patologico causato da una diminuita o insufficiente produzione di ormoni tiroidei, che interessa l’intero organismo. Ne si distinguono differenti forme: · Ipotiroidismo primario (95%), se il deficit è correlato alla tiroide stessa, per agenesia, ectopia, ipoplasia, o alterazione ormonale. · Ipotiroidismo secondario, se il deficit è associato ad una carenza di TSH. · Ipotiroidismo terziario, se il deficit è sia correlato al TSH che al fattore di rilascio ipotalmico
Sintomi e Segni di Ipotiroidismo · Affaticamento, debolezza · Intolleranza al freddo · Aumento di peso · Rallentamento funzioni intellettive · Movimenti rallentati · Lentezza linguaggio · Bradicardia · Cute secca · Rumori umidi alla respirazione · Edema del viso e delle palpebre · Allargamento della lingua
L’ipotiroidismo causa anche alterazioni metaboliche quali: · Aumento di Colesterolo · Aumento di Trigliceridi · Aumento di Creatinina · Ridotta clearance renale · Disfunzioni epatiche
Terapia Viene somministrata una preparazione sintetica di tiroxina. La terapia è cronica e permette al paziente di condurre una vita normale. La dose ottimale per ciascun paziente deve essere stabilita in base a criteri clinici ed alla determinazione dei livelli di TSH nel sangue. Il trattamento va iniziato con dosaggi di 25-50 microgrammi/die e gradualmente incrementato.
Ipertiroidismo È una condizione patologica caratterizzata dall’aumento degli ormoni tiroidei in circolo, che determinano un quadro di tireotossicosi. È principalmemente associato a 3 patologie 1. Adenoma tossico 2. Gozzo multinodulare adenomatoso 3. Morbo di Basedow
Il morbo di Graves o di Basedow, è una malattia autoimmune in cui l’anticorpo IgG, detto LATS, agisce sulle cellule follicolari inducendole a produrre continuamente tiroglobulina al di fuori del controllo del TSH ipofisario. Colpisce maggiormente il sesso femminile in età compresa tra i 20 e i 40 anni. Ha predisposizione familiare, ed è favorita da eccesso di iodio nella dieta, o infezioni batteriche. Causa ipertiroidismo, gozzo diffuso, oftalmopatia e dermopatia.
Il morbo di Plummer è una patologia per lo più del sesso femminile che si sviluppa intorno alla 3°- 4° decade di vita, in cui in una zona della tiroide si sviluppa una trasformazione neoplastica benigna, non rispondente al TSH (che produce quindi ormoni senza controllo ipofisiairo), mentre il resto della ghiandola viene messa a riposo. Alla scintigrafia apparirà dunque un nodulo caldo (ipercaptante) avvolto da una zona normo ipocaptante.
Ipertiroidismo clinico e sub-clinico Dal punto di vista laboratoristico sono riscontrabili, frazioni libere di FT3 e FT4 aumentate, con TSH bloccato o normale . 1. se il TSH è bloccato e FT3 e FT4 sono aumentati si presenta un ipertiroidismo clinico, associato a sintomi clinici quali: tachicardia, sudorazione agitazione, perdita di peso. 2. Se il TSH è normale e FT3 e FT4 sono aumentati, l’ipertiroidismo è detto sub-clinico, caso che non determina manifestazioni sintomatologiche
Altre alterazioni metaboliche prevedono: · Ipercapnia (aumento di CO2 nel sangue) · Aumento dei globuli rossi · Aumento di ferritina, fibrinogeno, fosfatasi alcalina e SHBG (Sex Hormone Binding Globuline, glicoproteina in grado di legare estradiolo, testosterone e deidrotestosterone) · Diminuzione del colesterolo · Ipossiemia (Carente ossigenazione del sangue)
Terapia dell’ipertiroidismo La terapia utilizza farmaci come il Tapazole (immunosoppressore), che però può rivelarsi non efficace e causare un prolungamento della malattia, epatotossicità, piastrinopenia e leucopenia. Chirurgia ablativa totoale o sub-totale, o terapia con radio iodio (131I).
Le varie terapie hanno obiettivi diversi, con la terapia farmacologia si mira ad una immunosoppressione per regolare le frazioni libere di FT3 e FT4, mentre la chirurgia e la terapia metabolica con 131I, mirano alla ablazione delle cellule follicolari
La radioterapia con I131 è considerata un trattamento efficace e quasi privo di effetti collaterali, ed è per questo abbastanza praticata. Si basa sull’emissione della componente beta dello 131I, che si dispone nei tessuti con un percorso medio di 0.3 mm, causando necrosi cellulare e distruzione dei follicoli, dopo che lo iodio è stato captato dalla tiroide.
Nei casi in cui il Basedow si associ ad oftalmopatia, ossia ingrossamento e sporgenza del globo oculare, a causa della presenza di recettori del TSH anche a livello oculare, la radioterapia con Iodio riscontra effetti positivi solo a lungo termine, per la necessità di rimuovere anche gli antigeni dello spazio retrorbitario, anzi all’inizio della terapia può presentarsi anche un peggioramento dell’esoftalmo. La radioterapia quindi si associa a cura con cortisone (0.4-0.5 mg/die) una settimana prima e una dopo la radioterapia per migliorare proprio l’oftalmopatia presente. (Le dosi somministrate vanno da 5 a 10 mCi).
Nei pazienti con gozzo multinodulare o adenoma tossico la radioiodio terapia è indicata dopo la tiroidectomia parziale o totale. È particolarmente indicata in questi casi, poiché queste cellule captano maggiormente iodio rispetto al tessuto circostante e quindi possono essere distrutte senza causare danni rilevanti al tessuto sano.
Ci sono poi casi in cui si preferisce evitare l’intervento chirurgico è ricorrere direttamente alla radioterapia, ad esempio in pazienti anziani con nodulo inferiore ai 5cm, in pazienti diabetici non operabili, o in caso di gozzo immerso.
Vantaggi della radioiodio terapia · Basso costo · Risoluzione definitiva dell’ipertiroidismo e dell’antigene de Basedow · Scarsi effetti collaterali · Scarsa invasività · Possibilità di fare la terapia in Day-Hospital.
Prima di procedere alla radioterapia con iodio il paziente deve sottoporsi ad una serie di esami per verificare la necessità e il tipo di terapia da effettuare: · Prelievi del sangue e Ioduria. · Test di captazione, con dose di 17microCi e due rilevazioni, una a 2 e l’altra a 24 ore. · Scintigrafia alla ventiquattresima ora, sfruttando la dose traccia già somministrata per la captazione. Vanno effettuate: una captazione a livello delle regione anteriore del collo, per la durata di un minuto, ed una a livello del terzo distale del femorale per ottenere la misurazione del fondo dell’organismo, che verrà poi sottratta alla captazione precedente.
Il terzo giorno dopo aver analizzato tutti i dati rilevati si procede alla terapia con Iodio 131.
La radioiodio terapia ha però anche alcuni svantaggi: · In caso di gozzi di grandi dimensioni richiede più di una seduta · In caso di cellule poco captanti per saturazione dei siti di ricezione, è inutile. · Causa ipotiroidismo, in seguito alla distruzione della tiroide. · Non può essere effettuata in donne in stato di gravidanza. Alle donne fertili viene fatto un test di gravidanza e vengono invitate a non concepire nei sei mesi successivi alla terapia (dopo la terapia è sconsigliabile il concepimento anche per gli uomini).
I Carcinomi della tiroide La grande maggioranza dei noduli tiroidei è di natura benigna e addirittura solo lo 0.3 % dei noduli è costituito da neoplasie maligne, principalmente rappresentate dai carcinomi tiroidei. I carcinomi della tiroide possono essere di vario tipo: · Differenziati · Indifferenziati · Midollari · Anaplastici
Di questi gli unici che possono essere trattati con terapia metabolica con iodio 131 sono i carcinomi differenziati, poiché sono gli unici capaci di captare iodio. Tali carcinomi si dividono in : · Carcinoma Papillifero · Carcinoma Follicolare
La diffusione metastatica varia nei due tipi di carcinoma.
Il papillifero sviluppa facilmente un’invasione metastatica linfonodale (fino al 60%.) ed in particolare può coinvolgere i linfonodi che si trovano nella regione anteriore del collo, specialmente i laterocervicali che si trovano lungo la catena giugulo-carotidea. Altri linfonodi ad essere colpiti possono essere quelli del mediastino antero-superiore.
I carcinomi follicolari invece, metastatizzano per via ematica, per cui danno principalmente tumori secondari a livello polmonare e osseo, più raramente a livello renale ed epatico.
Per effettuare una diagnosi di carcinoma, il medico si avvale di una serie di esami : · Esame obbiettivo con palpazione, utile soprattutto nelle patologie nodulari. La palpazione è importante perché dalla densità del nodulo si può ipotizzare la gravità del Tumore, noduli duri e dolenti hanno prognosi peggiore di un nodulo molle. · Esame ecografico, con sonde da 7 MHz o maggiori, che possono indirizzare verso una patologia benigna o maligna. L’eco da quindi indicazioni sulla morfologia della lesione (margini) e sull’eventuale presenza, sia di linfonodi a livello cervicale, che di calcificazioni all’interno della lesione che sono indice di un processo di vecchia data. Inoltre l’eco-color-doppler mostra la vascolarizzazione della lesione, che nel caso risulti oltre che periferica anche intraregionale, dà indicazione di patologia maligna. · La scintigrafia, utile per individuare noduli caldi o freddi. · L’esame, esame effettuato, per avere la certezza della presenza di una patologia maligna o benigna. Viene eseguito con ago aspirato sotto guida ecografica o diretta, bloccando il nodulo con le dita. · Laringoscopia, eseguita per evidenziare eventuali danni post-chirurgici alle corde vocali o al nervo ricorrente.
Un altro problema legato all’intervento chirurgico è la resezione delle paratiroide che causa ipocalcemia.
Per la cura dei carcinomi differenziati la terapia d’elezione è la chirurgia, ed in particolare la tiroidectomia totale. Inoltre in caso di interessamento linfonodale si interviene con una dissezione totale, ossia oltre alla tiroide vengono asportati i linfonodi del comparto centrale, i retrovascolari e gli esterni della catena giugulo-carotidea.
Alla tiroidectomia totale può seguire nel caso in cui vi sia residuo neoplastico diagnosticato alla scintigrafia, una terapia con radio-iodio. In tal caso il paziente dovrà:
1. Sospendere l’assunzione di L-Tiroxina (Eutirox) per almeno 30gg per far si che il valore del TSH raggiunga i 30 micro unità/ml 2. seguire una dieta povera di iodio 3. sottoporsi a uno studio di ricovero, cioè ad una dosaggio ematico degli ormoni tiroidei 4. eseguire un test di captazione con I131 dopo somministrazione di dose traccia, con rilevamento mediante sonda di Geiger-Muller dell’attività misurata nella porzione anteriore del collo, e nel terzo distale del femore, al fine di sottrarre dalla prima misurazione il fondo dell’attività ematica. 5. dovrà eseguire una scintigrafia con dose traccia a 24 ore, per verificare un eventuale residuo tiroideo post-intervento 6. sottoporsi a terapia ablativa con dosi che qualora superino i 16 mCi, spingono alla necessità di un ricovero, anche coatto, del paziente, per evitare che contamini altre persone. Il paziente potrà essere dimesso solo quando la sua attività rilevata ad un metro, risulti inferiore a 25 mSv.
Dopo la somministrazione della dose di I131 per l’ablazione il paziente dovrà bere molto e masticare, per eliminare lo iodio captato dalla ghiandole salivari.
Lo iodio somministrato si trova sotto forma di capsule o soluzione liquida.
Dopo la tiroidectomia totale se vengono osservati valori alti di tireoglobulina, è lecito supporre la presenza di metastasi, sarà dunque utili eseguire sia una scintigrafia tiroidea che ossea.
Alla tiroidectomia e alla terapia ablativa seguono poi cure con L-tiroxina e una serie di controlli a 6 e 12 mesi, quali: · esame clinico · eco semestrale · RX toracico nei primi due anni · TC Total Body a 7-10 mesi.
Note aggiuntive: · Si definiscono microcarcinomi lesioni con dimensioni inferiori al centimetro, con bassissimo rischio di recidiva · I tumori multifocali della tiroide sono sempre trattati con tiroidectomia radicale · Si ricorda che lo I131 è ottenuto per fissione dall’Uranio235 o per bombardamento neutronico del tellurio. Decade con un emivita di 8 giorni ed ha un’emissione di raggi γ a 364 KeV e particelle β a 0,61 MeV. Le radiazioni gamma servono a scopo diagnostico, le beta a scopo terapeutico. · Il sistema TNM, nella stadiazione dei K tiroidei si associa a terminologia america es.: AMES (Age, Metastasis, Exent e Size of tumor).
Radioterapia a fasci esterni della Tiroide Si esegue: 1. Nel caso in cui la captazione di iodio da parte delle cellule tumorali sia ridotta o assente, o in ogni caso inadeguata alla radio-iodio terapia. 2. in caso di metastasi ossee non affrontabili con il solo 131I 3. in presenza di un carcinoma in sede extratiroidea Il protocollo prevede 50 Gy in 25 sedute (5 settimane).
Localizzazione di cellule tumorali nell'osso
Le metastasi ossee sono composte da cellule tumorali provenienti da un tumore principale maligno che si localizzano nell'osso,e in questa sede proliferano. Questo processo avviene relativamente di frequente nel cancro del seno, della prostata o dei polmoni, ma può verificarsi anche in altri tumori maligni, come nel caso di cancro ai reni, della vescica, cancri gastrointestinali, del distretto cervico-cefalico, linfomi e leucemie.
La formazione delle metastasi ossee avviene in sei stadi: Stadio 1 Le cellule tumorali si staccano dal tumore principale e si localizzano nei vasi sanguigni dove rimangono inattive, talvolta per anni.
Stadio 2 Le cellule tumorali attivate si aprono un passaggio attraverso la parete dei vasi e penetrano nel tessuto adiacente.
Stadio 3 Le cellule neoplastiche si espandono in direzione dell'osso.
Stadio 4 Le cellule tumorali si stabiliscono sulla superficie dell'osso e stimolano la produzione di vasi e di tessuto connettivo.
Stadio 5 Si forma una micrometastasi (almeno 3 mm) diagnosticabile con NMR.
Stadio 6 La micrometastasi si diffonde e produce danni all'osso.
Per comprendere come agiscano le metastasi ossee è necessario esaminare il normale ciclo di vita delle ossa. Normalmente le ossa costituiscono un tessuto attivo per tutta la vita. Piccole zone di queste vengono costantemente lise dagli osteoclasti per ricavare calcio dai quei sali complessi di calci (Idrossiapatite) presenti a livello osseo. L’azione degli osteoclasti è contrapposta a quella degli osteoblasti che che invece depongono materiale osseo. In presenza di uno sviluppo neoplastico, viene a mancare questo equilibrio tra lisi e apposizione, con predominanza o dell’azione osteoclastica (osteolisi) odell’azione osteoblastica (osteosclerosi).
La sintomatologia sempre presente è data dal dolore sia a riposo che in movimento, per sclerosi del periostio, fratture spontanee o con minimi urti e carichi, spasmi muscolari, o compressione midollare. Sono possibili inoltre: paralisi e disturbi neurologici per invasione o compressione del midollo spinale, infezioni ed emorragie per interessamento del midollo osseo, ipercalcemia associata alla continua lisi ossea, con conseguenti disturbi di natura psichica e dolori muscolari.
Le aree in cui comunemente si presentano metastasi ossee sono le coste, la spina dorsale, la zona pelvica, il cranio, e le ossa prossimali degli arti superiori e inferiori